Zps e Sic fanno parte della rete Natura 2000, che, come nelle intenzioni del legislatore europeo, consentono di tutelare uno specifico territorio in virtù della protezione di specifiche specie, animali o vegetali che lo abitano. Protezioni speciali, appunto, che nulla hanno a che spartire con la classica concezione di parchi e aree protette nostrane, sottoposte a ben poco flessibili regimi di tutela, pressochè standardizzati in tutta la penisola. Per esempio, la caccia nella concezione della direttiva Habitat e Uccelli – e così lo sappiamo è stata riconosciuta anche dal Tribunale dei diritti dell'Uomo di recente - è un'attività permessa e tutelata, a cui non può essere riservato un pregiudiziale atteggiamento di diniego, a meno che ci siano specifici motivi. Stesso principio vale anche per tutte le altre attività rurali, intrinsicamente connesse al territorio da tutelare. Una sentenza del Consiglio di Stato finalmente in questi giorni ha fatto chiarezza sul tentativo di omologare le aree protette a Sic e Zps, messo in atto dal Ministero dell'Ambiente. I giudici di Stato hanno ribaltato l'esito di una decisione del Tar Campania che aveva dato ragione a Wwf annullando la delibera con cui, nel disporre le misure di conservazione delle zone di protezione speciale (ZPS) e dei siti di importanza comunitaria (SIC), era stata esclusa l’assimilazione delle zone e dei siti in questione alle aree naturali protette. Il ricorso della Regione è stato accolto disponendo l'annullamento di quella decisione. In sostanza, il Consiglio di Stato ha stabilito che aree protette da una parte e SIC e ZPS dall'altra sono due cose chiaramente distinte e non possono essere assimilate.